Il lupo è un predatore affascinante e al tempo stesso controverso. La sua gestione è al centro dell’attenzione mediatica in Europa: scopriamo perché.

In Italia (specificatamente nel centro-sud) è presente Il lupo italico o lupo appenninico Canis lupus italicus Altobello, 1921 che è una sottospecie tipica della penisola italica. Il lupo è strettamente protetto in Italia fin dal 1977 ma, nel marzo del 2025, il suo status a livello europeo è cambiato. Infatti, il Consiglio dell’UE ha deciso di declassare lo status del lupo da “strettamente protetto” a “protetto” ai sensi della Convenzione di Berna, recepita tramite la Direttiva Habitat.

Cosa comporta questo cambiamento e perché si è reso necessario?

Principalmente il declassamento fornisce agli Stati membri maggiore flessibilità nell’autorizzare azioni di controllo, pur mantenendo obblighi di monitoraggio e uno stato di conservazione favorevole.

Si può dunque affermare, alla luce di quanto precedentemente esposto, che la caccia al lupo non è consentita in Italia. Come approfondiremo in seguito, la stabilizzazione della popolazione di questo selvatico è possibile solo attraverso gli interventi di controllo, eseguiti da parte degli agenti di polizia giudiziaria, in particolari casi specifici e documentati.

Cosa dice la direttiva europea sulla caccia al lupo?

Essendo una specie protetta, nonostante il downlisting, il lupo non è cacciabile e probabilmente non lo sarà neanche nel prossimo futuro.

Il declassamento del lupo da “strettamente protetto” (Allegato IV) a specie “protetta” implica lo spostamento verso un regime regolato dall’Art. 14 della Direttiva (specie in Allegato V). Le principali conseguenze sono:

  • un regime di gestione meno rigido: lo “sfruttamento” o prelievo in natura di specie elencate nell’allegato V è ammesso purché compatibile con il mantenimento dello stato di conservazione favorevole;
  • la deroga tramite art. 16 rimane obbligatoria: ogni abbattimento deve comunque soddisfare le condizioni di deroga dell’art. 16, tuttavia, lo standard di prova può risultare più flessibile, dato che si presuppone una certa accettazione gestionale della specie;
  • necessità di emendamento della Direttiva Habitat: il cambiamento di status richiede un atto di modifica formale (Amending Directive) per aggiornare gli Allegati IV e V, secondo la procedura legislativa UE. Nel frattempo, gli Stati membri possono già applicare la deroga ai sensi dell’art. 16, come in Italia è previsto dal DPR 357/1997 art. 11 (deroghe per “lupi problematici”).

In definitiva, quindi, eventuali abbattimenti devono essere giustificati da situazioni concrete di conflitto accertato come ripetute predazioni su bestiame verificate, rischi reali per le persone o potenziale danno a specie tutelate.

Perché è importante mantenere il controllo sui lupi

Considerando le stime eseguite nel biennio 2020-21 che indicavano la presenza di almeno 3.500 esemplari in Italia (Gervasi et al., 2024), cifra oggi sicuramente superata, l’eccessiva presenza di questo selvatico può causare gravi problemi, soprattutto in un Paese fortemente antropizzato come il nostro.

Ad esempio, confrontando la densità stimata del lupo nelle Alpi (Marucco et al., 2023) e quella del Parco nazionale di Yellowstone, scopriamo che quella italiana (~150 individui/1000 km²) è quasi tre volte quella americana.

Una così alta densità di popolazione implica spesso gravi danni agli allevamenti e un numero importante di attacchi verso gli animali d’affezione. Dal punto di vista economico, le predazioni sul bestiame in Europa comportano costi annuali stimati intorno ai 17 milioni di euro (Di Bernardi et al., 2025). Per quanto riguarda l’Italia, la situazione è altrettanto complessa: nonostante i dati ufficiali sui rimborsi non evidenzino una crisi apparente, si stima che almeno un terzo delle predazioni effettive non venga segnalato, suggerendo una notevole discrepanza tra il fenomeno reale e quello documentato (Marino et al., 2016).

Le predazioni del lupo hanno, inoltre, un impatto significativo sulle popolazioni di animali selvatici, come ad esempio mufloni e caprioli. Sarebbe auspicabile però evitare impatti negativi su popolazioni di ungulati vulnerabili in aree di alto valore conservazionistico.

Gestione dei lupi in Italia

Perché controllare numericamente il lupo?

Il declassamento (downlisting) del lupo si è reso necessario a seguito delle criticità emerse in relazione al grande incremento demografico che questa specie ha avuto negli ultimi decenni.

Limitare l’eccessiva proliferazione di questa specie è parte di una strategia che mira alla ricerca di un nuovo equilibrio. Da una parte, la specie ha registrato un’espansione significativa, dall’altra, la comunità rurale chiede garanzie per proteggere gli interessi economici. L’UE ha inteso offrire, agli Stati membri, strumenti gestionali più ampi ed elastici mantenendo la conservazione come priorità.

È bene ricordare che coloro che abitano le zone rurali sono portatori di saperi antichi, si adoperano in prima linea nel mantenimento del territorio e quindi anche della biodiversità, compiendo spesso grandi sacrifici. Essendo le persone che più subiscono gli effetti dovuti all’incremento della presenza del lupo, è auspicabile che siano dati loro mezzi concreti di tutela.

Quali regole bisogna seguire per il controllo del lupo?

Come abbiamo spiegato in questo articolo, non si parla di caccia. L’uccisione dei lupi, compiuta da agenti di polizia giudiziaria, deve essere giustificata da conflitti specifici. Le Regioni possono deliberare questi interventi quando sono documentate ripetute predazioni sul bestiame o rischi per la sicurezza pubblica. Inoltre, possono essere applicate solo in regioni con stato di conservazione “soddisfacente a livello nazionale”, come ribadito dalla Corte di Giustizia UE.

Le regioni italiane al momento propongono quote di abbattimento comprese tra il 3 e il 5% della popolazione stimata (100–160 soggetti su circa 3.300 presenti). Ma sappiamo che le quote di abbattimento in altri Paesi europei, necessarie per avere una qualche efficacia, sono molto maggiori.

I lupi in Italia nel 2025 sono un pericolo?

Nonostante la crescita demografica del lupo, verificabile grazie ai dati forniti da ISPRA in merito al biennio 2020-2021 e che speriamo vengano presto aggiornati, i danni diretti alle persone restano rari. Secondo il Ministero dell’Ambiente, tra il 2017 e il 2024 sono stati documentati 20 attacchi di lupi a persone, tutti attribuiti a 7 individui tramite analisi del DNA, sempre con esiti non letali per il pronto intervento di adulti (ISPRA & Ministero dell’Ambiente – Relazione alle Commissioni parlamentari su attacchi di lupi a persone 2025). Osservando queste cifre possiamo dire che il rischio di aggressione per l’uomo è molto basso ma in crescita negli ultimi anni.

Diversa invece è la situazione per gli animali selvatici, animali da reddito e cani da caccia, da tartufi e da guardiania. Ad esempio, secondo il primo report presentato dal Coordinamento Cacciatrici Federcaccia con il supporto dell’Ufficio Studi e Ricerche della Federcaccia Nazionale sono stati registrati circa 400 attacchi di lupi a cani da caccia dal 2021 al 2023. Di questi nel 69,7% dei casi sono stati purtroppo mortali. Numeri davvero alti e preoccupanti.

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