Uno degli obiettivi più attuali, o forse potremmo affermare una delle sfide più recenti dell’agricoltura moderna è rappresentata dalla territorialità della stessa, con le sue specificità e caratteristiche, in certi casi persino uniche rispetto ad altre zone rurali. Da preservare e sviluppare in maniera sostenibile. Ma esattamente cos’è l’agricoltura territoriale?

In sintesi si tratta di una serie di misure e pratiche agro-ecologiche fortemente legate (e quindi compatibili) alla tipologia del territorio in cui vengono attuate, capaci di fornire oltretutto un supporto importante al mantenimento della biodiversità e dell’equilibrio ambientale, e quindi concernente anche fauna e flora locali. Un’attività che guarda con attenzione al consumo del suolo e delle risorse a esso legate dovuto all’opera dell’uomo, evitando che l’antropizzazione arrivi a un punto di non ritorno.

La biodiversità locale, connessa all’agricoltura territoriale, mette in gioco dunque una varietà di specie da tutelare e valorizzare grazie all’azione degli stessi agricoltori, indirizzata dal varo di piani nazionali e internazionali.

Un esempio su tutti il Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo del 2008, approntato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, nel quale di parla specificatamente di conservazione, recupero e reintroduzione nel bioterritorio attraverso specifiche tecniche agronomiche pensate per tali obiettivi. Una sorta di “tradizione naturale” da difendere e rafforzare.

In fondo il patrimonio agroalimentare del nostro paese è uno dei più ricchi al mondo, incredibilmente variegato per prodotti e sapori tipici, con caratteristiche organolettiche davvero uniche e spesso inimitabili: frutto di un territorio che definiamo speciale in cui sono utilizzate ancora metodologie tradizionali che rimangono fondamentali per l’unicità e la qualità degli stessi prodotti. Salvaguardare l’agricoltura territoriale e la sua produzione non solo è di aiuto alla biodiversità, ma coinvolge in maniera diretta e consapevole produttore e consumatore.

Cos'è l'agricoltura territoriale e come aiuta la biodiversità

Cos’è l’agricoltura territoriale: l’Europa in prima linea per l’ambiente

La PAC, ovvero la Politica Agricola Comune, è stata una delle prime politiche a livello comunitario introdotte dalla Comunità Europea allo scopo di sovvenzionare le attività agricole e garantire così rendite adeguate agli agricoltori e prezzi ragionevoli per i consumatori (e facendo in modo che la produzione fosse sufficiente per la popolazione europea).

Negli anni tale politica si è trasformata, arrivando ad assumere un carattere differente e più attento al territorio e alla biodiversità: i fondi infatti sono condizionati al rispetto di pratiche e standard agricoli volti alla sostenibilità ambientale e alla qualità del prodotto (e quindi anche alla limitazione o divieto degli organismi geneticamente modificati, o OGM). Condizioni imprescindibili per la salvaguardia dell’ambiente rurale e, al contempo, per garantire un mercato capace di sostenere le esigenze economiche e imprenditoriali di chi lavora la terra.

Questo programma comunitario, così formulato e modificato, ha successivamente influito sulle politiche nazionali, ottenendo come risultato una certa uniformità normativa in cui “la sostenibilità ambientale è divenuta un asse portante dell’attività economica agricola” (documento Biodiversità agricola, Camera dei Deputati, 30 settembre 2018).

Gli obiettivi, unitamente alla valorizzazione del territorio e della biodiversità, sono molteplici e sintetizzabili in questi tre punti:

  • settore agricolo competitivo, equo e compatibile con l’ambiente
  • metodi produttivi sicuri e di qualità
  • tutela delle comunità agricole

Cos'è l'agricoltura territoriale e come aiuta la biodiversità

La biodiversità agricola e le norme che la rappresentano

Domandarsi cos’è l’agricoltura territoriale vuol dire anche incappare in una serie di leggi, norme e decreti che, a partire dalle politiche europee e comunitarie, ha offerto nel nostro paese una certa chiarezza legislativa, tracciando una linea che aiuta a conferire importanza alla tematica.

Senza necessariamente “insabbiarci” in un excursus storico giuridicamente complesso e abbastanza variegato, guardiamo nello specifico alla legge n. 194 del 2015 sulla biodiversità agricola e alimentare, nella quale sono stati introdotti nuovi strumenti “per la tutela delle risorse genetiche  autoctone o in via di estinzione”.

Questa legge infatti, definendo le risorse genetiche prettamente locali (inerenti dunque il loro valore e potenziale per alimentazione e agricoltura), stabilisce i criteri e i principi per l’istituzione di un sistema nazionale che tuteli e valorizzi la biodiversità. Nello specifico queste risorse locali sono definibili tali in base a una serie di presupposti:

  • Originarie di un determinato territorio
  • Seppur alloctone (e quindi non originarie), sono state introdotte da molto tempo e risultano integrate perfettamente con il territorio e le sue attività senza risultare invasive
  • Scomparse dallo specifico territorio di origine ma conservate in un ambiente differente ma tutelato (come orto botanico o centro di conservazione)

Il sistema nazionale di tutela e valorizzazione della biodiversità invece è costituito da quattro diversi elementi sinergici preposti a ottimizzare e conservare le risorse genetiche di interesse agricolo e alimentare:

  • L’Anagrafe nazionale della biodiversità elenca e controlla le risorse genetiche (vegetali, animali o microbiche) soggette a rischio di estinzione, mantenendone la responsabilità pubblica.
  • La Rete nazionale della biodiversità invece è composta da tutte le strutture (locali, regionali o nazionali) il cui compito è quello di conservare ex situ la biodiversità delle diverse specie (al di fuori dunque dal territorio di origine) secondo le indicazioni ministeriali.
  • Il Portale nazionale della biodiversità (interno al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) rappresenta la banca dati di sistema riguardante le risorse genetiche alimentari e agrarie del nostro territorio, ne diffonde informazioni e ne monitora la conservazione.
  • Il Comitato permanente per la biodiversità (del cui operato è stata trasmessa la prima comunicazione in parlamento a marzo 2018)

Il Sistema istituito dalla legge 194, unitamente all’introduzione per decreto del Fondo per la tutela della biodiversità (500.000 euro annui), pensato per sostenere le azioni previste dalla legge, supporta in tal modo gli agricoltori che svolgono la loro attività seguendo i criteri di legge e che quindi operano con sementi e varietà vegetali iscritte nel registro dell’Anagrafe nazionale. Questi “operatori della terra” conoscono bene la risposta alla domanda “cos’è l’agricoltura territoriale” in quanto la praticano quotidianamente secondo la normativa vigente per conservare la biodiversità locale.

Cos'è l'agricoltura territoriale e come aiuta la biodiversità

Il rapporto tra consumatore e produzione territoriale: il lavoro di Coldiretti

Di fronte a tutta questa impalcatura normativa comunitaria, nazionale (e in alcuni casi pure regionale) non vanno dimenticati i due protagonisti conseguenti di queste politiche di conservazione: gli agricoltori che le applicano e i consumatori che ne godono in ultima istanza, remunerando il lavoro dei primi.

L’agricoltura e la tutela territoriale su ogni livello, con tutto quanto ne consegue a livello produttivo, rischiano però di essere solo belle intenzioni se non vedono coinvolto il rapporto fra produttore e consumatore. Una problematica di cui Coldiretti, la più rilevante associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana, si è fatta promotrice dando un significato più operativo e funzionale a cos’è l’agricoltura territoriale e alla sua importanza nella conservazione dell’ambiente e della biodiversità.

L’associazione si prodiga infatti nello sviluppo di questo rapporto agricoltore-consumatore cercando di migliorare la produzione locale e avvicinando la città alla campagna attraverso la promozione dei prodotti tipici del territorio, oltre a favorire attività agrituristiche ed enogastronomiche (considerate una sorta di strumenti educativi per il cittadino nei confronti del mondo rurale). Tale compito è reso ovviamente più facile dalla crescente richiesta e attenzione verso i prodotti a km zero, l’agricoltura biologica, i prodotti privi di OGM (organismi geneticamente modificati) e quelli considerati tipici (quindi fortemente territoriali): una serie di situazioni contingenti che aiutano a rinsaldare l’originalità, le peculiarità e la tradizione di un determinato ecosistema rurale.

L’idea progettuale di Coldiretti nello sviluppo di tale rapporto aiuterebbe dunque a rigenerare il concetto di agricoltura e biodiversità locale e quindi a migliorare anche lo stesso business agricolo (che è poi l’obiettivo finale). A tale scopo è stato sottoscritto un Patto con il Consumatore tramite cui gli agricoltori sono tenuti e rispettare diversi punti (che per altro fanno risaltare in maniera inequivocabile la ricca produzione agroalimentare italiana) con i quali non solo si afferma cos’è l’agricoltura territoriale, ma si tutela tutto quanto quanto concerne l’ambiente rurale locale e quindi la sua biodiversità:

  • Assicurare la continuità delle tradizioni alimentari attraverso le produzioni regionali tipiche e di qualità”
  • Assicurare il rispetto dei disciplinari delle produzioni biologiche e a denominazione di origine tutelata”
  • Utilizzare sementi e mangimi esenti da organismi geneticamente modificati
  • Adottare pratiche agronomiche che contribuiscano a mantenere l’integrità e l’equilibrio del territorio

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